Il corpo a scuola: progetto rivoluzionario per l’inclusione

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Il corpo a scuola: progetto rivoluzionario per l'inclusione

Oltre la diagnosi, la diversità come risorsa: come l’Embodied Cognition e l’arte trasformano la percezione della disabilità tra i giovani

Questo progetto, intitolato “Embodied Cognition”, è stato ideato dalla Dott.ssa Alessandra Strano, assistente sociale, formatrice e Garante delle Persone con disabilità presso il Comune di Giarre (CT).

Il progetto è stato presentato dalla Dott.ssa Strano durante un incontro con i dirigenti scolastici degli Istituti del comune di Giarre, in cui sono intervenuti anche la Dott.ssa Carmela Tata – Garante regionale delle persone con disabilità – e il Prof. Giuseppe Vecchio – Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza.

La disabilità e il contesto sociale

La disabilità è una condizione che fa parte dell’esperienza umana e può riguardare chiunque, temporaneamente o permanentemente, in qualsiasi momento della vita. Purtroppo, la società di oggi è spesso “abilista”, cioè orientata a valorizzare un ideale di persona “normale” o “normotipica” che eccelle in prestazioni e produttività.

Chi si discosta da questo ideale può subire diverse forme di esclusione, dall’atteggiamento paternalista fino ad aggressioni verbali e fisiche. Questo rischio è particolarmente alto durante l’adolescenza, quando l’identità è più vulnerabile.

È fondamentale che agenzie formative come la scuola educhino al rispetto di tutte le forme di diversità. Questo non è solo un dovere, ma un’opportunità per costruire una società in cui le diverse forme di umanità possano coesistere e valorizzarsi reciprocamente.

L’approccio metodologico: Embodied Cognition

Per valorizzare la diversità, è necessario promuovere approcci didattici che coinvolgano il corpo e la dimensione emotiva. Questo progetto si fonda sull’ Embodied Cognition (Cognizione Incorporata), un approccio scientifico che unisce neuroscienze, didattica, pedagogia e altre discipline, identificando il corpo come un potente strumento di mediazione didattica.

L’Embodied Cognition supera la vecchia separazione tra corpo e mente. Le neuroscienze confermano che lo sviluppo cognitivo, emotivo e i processi di apprendimento passano anche attraverso il corpo; quindi, un suo uso consapevole favorisce lo sviluppo neurologico. Scommettendo sulla formazione dei giovani, il progetto mira a cambiare il paradigma culturale e valoriale sulla disabilità, sviluppando il senso civico e il senso di “Noi”.

Le strategie del progetto

Il progetto propone diverse strategie e attività:

  • narrazione e biografia: focalizzarsi sulla storia personale della persona con disabilità piuttosto che sulla sua diagnosi clinica;
  • esperienza corporea (role taking): svolgere attività che simulano condizioni di disabilità (ad esempio, scrivere con un arto immobilizzato, usare presidi per muoversi) per sviluppare la capacità di “mettersi nei panni dell’ altro”;
  • decostruzione: imparare a riconoscere e smontare stereotipi e il linguaggio che produce emarginazione;
  • barriere architettoniche: sottolineare l’importanza dello spazio e dell’ abbattimento delle barriere, incoraggiando i ragazzi a documentarne la presenza nel territorio;
  • creatività e rappresentazione: utilizzare attività creative e figurative per rappresentare in modo positivo la non-conformità corporea e riflettere sulla disabilità da prospettive nuove;
  • dialogo: dedicare momenti settimanali (30 minuti) al dialogo e alla riflessione sui temi proposti dagli stessi studenti.

Articolazione e obiettivi

Il progetto si articola in circa 12 ore, suddivise in tre incontri:

  1. incontro informativo/conoscitivo (inizio anno scolastico): presentazione del progetto, attività corporee, laboratori su disabilità e ambiente, e riflessione critica sulla percezione della diversità;
  2. incontro riflessivo (metà anno scolastico): proseguimento delle attività corporee e di dialogo, analisi di opere e biografie di artisti che hanno rivoluzionato l’arte grazie alla loro “diversa maniera di stare al mondo”, e discussione sui rischi dell’esclusione;
  3. incontro restitutivo (fine anno scolastico): presentazione dei lavori prodotti dagli studenti, valorizzazione dei feedback e incoraggiamento di nuove proposte.

Gli obiettivi sono distinti in base alla tempistica:

Breve Termine Medio Termine Lungo Termine
Analisi critica della definizione clinica di disabilità. Distinguere tra impairment (danno o menomazione fisica) e disabilità (difficoltà legate all’ambiente). Riconoscere le forme di esclusione.
Stimolare la curiosità sul tema e mettere in discussione il concetto comune. Lavorare sulla capacità di immedesimarsi. Rintracciare la cultura abilista nei propri discorsi e comportamenti.
Stimolare l’empatia attraverso l’esperienza corporea. Mettere in discussione il concetto di “normotipo” come unico modello. Comprendere la natura relazionale della disabilità.
Sperimentare difficoltà analoghe a quelle delle persone con disabilità. Problematizzare l’uso dei social media da parte dei giovani. Sviluppare responsabilità civica e sociale.
Stimolare la riflessione sull’esclusione tra i giovani. Apprezzare e valorizzare le forme di diversità.
Cambiare la percezione di disabilità e dei corpi non conformi.

Attività pratiche (attività corporee)

Le attività pratiche hanno l’obiettivo di far sperimentare concretamente una “diversità funzionale” attraverso l’uso di ausili e simulazioni, inducendo una riflessione basata sulle sensazioni immediate. Questo “mettersi nei panni” ha un altissimo valore educativo, permettendo al vissuto corporeo di essere assimilato senza il filtro del pregiudizio. Tali simulazioni, interrotte da momenti di confronto, rafforzeranno la capacità di decentramento ed empatia.

Le attività proposte, a cura della Dott.ssa Alessandra Strano e del Sig. Salvo Cardillo (tutor e paziente raro), includono:

  1. prova stomia: svolgere attività motorie (correre, saltare, fare le scale) con un sacchetto pieno d’acqua aderente all’addome per simulare la condizione di un paziente portatore di stomia;
  2. tutore arti inferiori: indossare tutori alle gambe ed eseguire azioni come salire/scendere gradini, percorrere tragitti e alzarsi dalla sedia, a volte con l’aiuto di un compagno;
  3. tutore arti superiori: indossare tutori alle braccia e provare ad allacciarsi le scarpe, digitare sul cellulare, scrivere, aprire una bottiglia o abbottonarsi la camicia;
  4. con una sola mano: eseguire azioni quotidiane (abbottonare, usare il cellulare, mangiare) utilizzando un solo arto per sperimentare l’immobilità dell’altro;
  5. carrozzina: percorrere tratti in carrozzina o accompagnare un compagno. Provare anche ad eseguire azioni come lavarsi le mani o passare dalla carrozzina a una sedia senza l’uso delle gambe;
  6. percorso da bendati: percorrere un percorso a ostacoli bendati, orientandosi con i suoni o con l’aiuto di un compagno, simulando una condizione di disabilità visiva;
  7. comunicazione non verbale: mimare una storia o uno stato d’animo usando solo il corpo;
  8. il progettista inclusivo: mappare aree della scuola (o altri luoghi) per individuare le barriere architettoniche e riflettere sull’accessibilità.

Dopo ogni attività, si terrà un confronto con domande come: “com’è andata?”, “è stato difficile?”, “come ti sei sentito?”.

Laboratorio “arte e disabilità”

Il laboratorio, documentato dalla Prof.ssa Carmen Cardillo (docente di Fotografia), si intitola “Corpi e identità oltre lo sguardo”. Sfruttando la forza comunicativa dell’immagine (i giovani sono homo videns, abituati a comunicare visivamente ), l’obiettivo è superare gli stereotipi e restituire centralità all’arte come spazio di libertà e ridefinizione dei canoni estetici.

Il laboratorio prevede:

  • intervento teorico: illustrazione di artisti che hanno trasformato le loro fragilità fisiche o psicologiche in risorse creative, rivoluzionando l’ arte. Esempi sono Claude Monet (cecità e rivoluzione pittorica della luce), Frida Kahlo (dolore del corpo) , Henri Matisse (sedia a rotelle e ritagli di carta colorata), Vincent Van Gogh (fragilità psicologica) e Marc Quinn (dignità estetica ai corpi “non conformi”). Verranno incluse anche fotografe contemporanee come Ilaria Facci, Claudia Amatruda e Carmen Cardillo;
  • discussione guidata: dibattito sulla “bellezza estetica”, i corpi rappresentati nei media e quelli che restano invisibili.
  • sperimentazione fotografica: gli studenti potranno collaborare alla realizzazione di fotografie sul tema disabilità e diversità, che andranno a costituire un lavoro tematico. L’obiettivo è avviare un percorso di osservazione critica e sperimentazione sul rapporto tra corpo, spazio urbano e inclusione;
    • esplorazione individuale: fotografare la propria città per documentare la presenza di barriere architettoniche (scale, porte strette, marciapiedi irregolari);
    • attività di gruppo – ritratto empatico: fotografare un compagno valorizzando un dettaglio unico (cicatrice, espressione), mostrando come i tratti distintivi siano segni di unicità. In alternativa, collaborare al ritratto dell’altro (ad esempio offrendo un arto) per simboleggiare il sostegno reciproco e l’idea del corpo come elemento di connessione;
    • attività di gruppo – fotografia allestita: costruire una scena che rappresenti simbolicamente una condizione di disabilitazione causata dalle barriere ambientali (es. scale impraticabili in carrozzina).
  • restituzione collettiva: i gruppi presenteranno i loro lavori in un dibattito plenario.

Finalità formative del laboratorio: promuovere la riflessione critica su corpo, fragilità e bellezza; comprendere la disabilità come risorsa creativa; usare la fotografia come strumento di inclusione; sviluppare empatia e consapevolezza.

Giovani, diversità e bullismo

Sarà necessario riflettere sulla consapevolezza dei giovani riguardo la disabilità. Spesso, gli atteggiamenti di benevolenza non nascono da vera empatia, ma dalla convinzione radicata che la disabilità implichi inferiorità, generando solo compassione. Storicamente, la disabilità ha generato sentimenti oscillanti tra compassione e paura, portando a discriminazioni inconsapevoli, spesso dovute al timore verso ciò che turba l’integrità personale.

Oltre ad atti aggressivi, si riscontrano atteggiamenti svilenti, pietistici o ambivalenti che minano l’ autostima. Gli alunni con disabilità sono più esposti al bullismo e faticano a gestire la violenza subita, spesso tenendola segreta. Le conseguenze possono essere gravi, come autolesionismo e abbandono scolastico.

In una società “iperprestazionale”, dove la paura di fallire e il senso di inadeguatezza sono comuni tra gli adolescenti , la diversità viene associata automaticamente al fallimento prestazionale. Le persone con disabilità più esposte al bullismo sono quelle che mostrano difficoltà relazionali e isolamento. Il bullismo compromette ulteriormente il senso di efficacia e l’autostima della persona con disabilità.

L’intervento è pertanto rivolto all’intera popolazione scolastica, con l’obiettivo di potenziare le competenze socio-emotive collettive e studiare le dinamiche di gruppo. Sensibilizzare sulla disabilità, intesa come diversità, può modificare positivamente le prospettive di tutti, migliorando il benessere psico-emotivo collettivo.

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Disclaimer: Le immagini presenti in questo articolo sono utilizzate esclusivamente a scopo decorativo e non hanno alcun collegamento diretto con il contenuto trattato. Ogni riferimento visivo è puramente casuale.