La Sanità non è solo Ospedale: ripensare la salute per il diritto di tutti

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L’intervento della Dott.ssa Strano, Garante per i diritti delle persone con disabilità del Comune di Giarre: dalla malattia alla capacità di adattarsi, la sfida dell’assistenza territoriale

Associazioni unite contro il depotenziamento dell’Ospedale di Giarre

Le 94 associazioni del Comitato Jonico-Etneo hanno espresso un forte disaccordo contro le recenti scelte riguardanti la nuova rete ospedaliera approvate dall’Assessorato della Salute e dal Governo regionale e che implicano un ridimensionamento dell’Ospedale Sant’Isidoro di Giarre. Nelle scorse settimane, queste associazioni, nate per difendere l’Ospedale di Giarre e la sanità pubblica locale, hanno organizzato un incontro, svoltosi mercoledì 8 ottobre, dal titolo: “Quale sanità per il diritto alla salute. Riflessioni sulle prospettive sanitarie e il diritto alla salute nel territorio Jonico Etneo”. Il dibattito, moderato dalla Dott.ssa Nunziatina Spatafora, ha evidenziato la complessità e le difficoltà del servizio sanitario locale. Un momento di rilievo è stato l’intervento della Dott.ssa Alessandra Strano, Garante per i diritti delle persone con disabilità del Comune di Giarre.

La prospettiva della Dott.ssa Strano: ridefinire il concetto di “salute”

La Dott.ssa Strano, professionista del settore socio-sanitario , ha voluto inserire nel dibattito un punto di vista che le appartiene sia a livello personale che professionale, ponendo l’attenzione sul concetto di salute.
Per avere un sistema sanitario di qualità, secondo la dottoressa, è necessario prima capire e analizzare bene cosa si intende per salute.

  • La definizione del 1948 (OMS): l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definì la salute nel 1948 non solo come l’assenza di malattia, ma come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Questa definizione era, però, legata a un momento storico in cui la priorità era sconfiggere le malattie infettive e l’aspettativa di vita era bassa.
  • La definizione dinamica del 2009: oggi, in uno scenario con una popolazione più longeva, ci si chiede chi possa veramente dire di godere di un “completo stato di benessere”. Nel 2009, un gruppo olandese coordinato da Machteld Huber propose una definizione più dinamica (in evoluzione): la salute è la capacità di adattarsi e di autogestirsi in tutti i momenti dell’esistenza.

Non solo condizione organica: adattamento e contesto sociale

Questa visione implica che la salute non è solo una condizione del corpo, ma è influenzata da una serie di fattori. Si può stare male anche in apparente salute e, viceversa, si può vivere benissimo pur avendo una patologia cronica. La vera sfida è affrontare le difficoltà e gli squilibri che qualsiasi evento della vita può creare. La dottoressa ha condiviso la sua esperienza personale di una patologia insorta in età adulta, e che ha messo in discussione gli equilibri della sua vita, mettendola in relazione con i tre ambiti della salute riconosciuti dall’ OMS:

  • Piano fisico (adattamento): raggiungere uno stato di “adattamento”, cioè mettere in atto strategie per rispondere a un nuovo funzionamento del corpo, come l’uso di un deambulatore nel suo caso.
  • Piano mentale (coerenza): integrare l’evento o la patologia con la propria personalità, rispondendo a ciò che la vita presenta.
  • Piano sociale (relazioni): sentirsi inseriti in una trama di relazioni e nel proprio contesto sociale. Essere una persona attiva in questo contesto aumenta le possibilità di stare bene.

Questo aspetto porta alla questione cruciale della sanità di prossimità e territoriale.

La Sanità si gioca sul Territorio: oltre l’Ospedale

È fondamentale superare la visione che divide rigidamente “salute” e “malattia” e valorizzare gli ambienti di prossimità. La salute non dipende solo dalle sale operatorie (che assicurano la sopravvivenza), ma si sviluppa nei contesti di vita quotidiana.
Accanto all’ Ospedale, indispensabile, deve esserci una infrastruttura territoriale capace di farsi carico della persona non solo nelle fasi acute, ma soprattutto nell’assistenza a lungo termine (“long term care”, LTC). La Dott.ssa Strano, ad esempio, è una donna di 43 anni che vuole affrontare una lunga vita con una patologia cronica e che, però, ha bisogno di molti supporti per poter affrontare queste sfide, a partire dal suo territorio.

Le criticità del Territorio Jonico-Etneo

Basandosi sulla sua esperienza e osservazione (anche come Garante per i diritti delle persone con disabilità ), la Dott.ssa Strano ha identificato diverse criticità, sottolineando che il settore sociale e sanitario non possono essere separati, pena la disgregazione della persona:

  • Aumento della popolazione con disabilità: tutte le persone, in modo temporaneo o permanente, possono incontrare una condizione di disabilità.
  • Carenza di personale: un cronico “sotto organico” (personale insufficiente). A Giarre, ad esempio, c’è una sola neuropsichiatra infantile.
  • Debolezza della sanità territoriale: la dottoressa stessa ha dovuto costruire la propria rete di assistenza combinando servizi sociali e riabilitazione, che è estremamente estesa. Infatti, è seguita sul piano neurologico dall’ Ospedale di Napoli.
  • Frammentazione delle associazioni: le associazioni di categoria sono spesso “isole” che non dialogano tra loro.
  • Mancanza di consapevolezza dell’utenza: le persone con disabilità o con figli disabili spesso non hanno consapevolezza dei propri bisogni e cercano di risolvere la sofferenza con un singolo servizio, anziché richiedere una presa in carico globale.

Le prospettive: una nuova idea di salute

Per superare queste difficoltà, la Dott.ssa Strano propone:

  • Percorsi di presa in carico globale: a volte la vera necessità è la socializzazione, non solo la riabilitazione.
  • Turnover dei professionisti per colmare le carenze strutturali.
  • Maggiore intesa fra sociale e sanitario.
  • Percorsi formativi per tematizzare la nuova visione di salute e far parlare tutte le professioni con un linguaggio unico e un obiettivo comune.
  • Favorire la circolazione delle informazioni e contrastare gli arroccamenti professionali.
  • Creare comunità di prossimità per promuovere una nuova idea di salute.

La soluzione è nel dialogo tra le realtà territoriali

L’appello lanciato dalla Dott.ssa Strano è chiaro: per garantire il pieno diritto alla salute e all’inclusione delle persone con disabilità, è urgente superare la tradizionale separazione tra i settori sanitario e sociale. La salute, nella sua accezione moderna, è la “capacità di adattarsi e di autogestirsi” nella vita quotidiana, e per affrontare le sfide di una patologia cronica o di una condizione di disabilità, è necessario un supporto integrato. Quando i due ambiti lavorano in modo “disgiunto”, la persona viene “disintegrata”. È proprio la frammentazione dei servizi e la mancanza di un dialogo efficace tra le associazioni a rendere debole la sanità territoriale. La soluzione proposta è una “presa in carico globale”: sostenere la persona a 360 gradi nel suo contesto di vita. Solo con una maggiore intesa fra sociale e sanitario si potranno costruire quelle “comunità di prossimità” essenziali per promuovere una nuova e più completa idea di salute.

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Disclaimer: Le immagini presenti in questo articolo sono utilizzate esclusivamente a scopo decorativo e non hanno alcun collegamento diretto con il contenuto trattato. Ogni riferimento visivo è puramente casuale.