Rivoluzione per gli invalidi stranieri in Italia: l’INPS non può più negare l’assegno

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Stop alle discriminazioni: il Tribunale di Civitavecchia apre le porte all’assegno di invalidità anche con permessi brevi, sommando i periodi di soggiorno legale

Una decisione importante la sentenza n. 198 del 2024 emessa dal Tribunale di Civitavecchia che le regole per i cittadini stranieri con disabilità che vivono in Italia. Il giudice ha stabilito che possono ottenere l’assegno mensile di assistenza anche se, al momento della richiesta, il loro permesso di soggiorno non era di un anno intero. L’importante è che abbiano soggiornato legalmente nel nostro Paese per un periodo complessivo di almeno dodici mesi, anche sommando permessi di durata inferiore. Questa sentenza ribalta il rifiuto dell’INPS e segna un precedente fondamentale contro le discriminazioni.

Il caso riguarda un cittadino straniero, che vive e lavora in Italia da quasi vent’anni. A febbraio 2023, dopo essere stato riconosciuto invalido al 100% e bisognoso di assistenza continua, gli è stato negato dall’ INPS il diritto al godimento della prestazione. Il motivo? Al momento della domanda, il ricorrente aveva un permesso di soggiorno per cure mediche valido solo sei mesi. Secondo l’ INPS, questo non rispettava l’attuale quadro normativo impone che, per la concessione di benefici assistenziali (tra cui l’assegno di invalidità richiesto dal ricorrente) debba ricorrere la condizione, indicata nell’ art. 41 TU immigrazione, costituita dalla titolarità del permesso di soggiorno di almeno un anno.

La battaglia legale contro il rifiuto dell’INPS

Sentendosi discriminato a causa della sua nazionalità, ha fatto causa all’ INPS. Ha chiesto al Tribunale di Civitavecchia di riconoscere che il rifiuto dell’ INPS era sbagliato e che aveva diritto alla prestazione, anche con effetto retroattivo (cioè, a partire dalla data della sua richiesta). Aveva anche proposto di mettere in discussione la costituzionalità della legge che l’INPS aveva applicato.

L’INPS si è difeso, sostenendo di aver agito correttamente e che la legge impone un permesso di soggiorno di almeno un anno per concedere questi tipi di aiuti. A sostenere il cittadino straniero ricorrente si sono uniti la CGIL (il sindacato) e l’ASGI (un’associazione di studi sull’immigrazione), appoggiando le sue richieste.

La decisione rivoluzionaria del Tribunale

Il Tribunale, dopo aver esaminato tutti i documenti, ha spiegato che l’assegno di assistenza serve a garantire un minimo di sostentamento alle persone e, per la legge italiana, deve essere accessibile a tutti i residenti regolari, cittadini e stranieri, senza discriminazioni. Qualsiasi differenza basata su requisiti diversi dalle reali condizioni di bisogno della persona sarebbe in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione e con le norme europee contro le discriminazioni.

Il punto chiave della sentenza sta nell’interpretazione di quella parte della legge che chiede un permesso di soggiorno di almeno un anno. Il giudice ha notato che, se si applicasse la legge alla lettera, escluderebbe stranieri, come il ricorrente, che vivono legalmente in Italia da anni, ma che in quel momento specifico potrebbero avere un permesso di breve durata (magari, appunto, per motivi di salute). Questo, ha detto il giudice, sarebbe una discriminazione irragionevole.

Soggiorni “sommati”: la nuova regola

Per evitare questa discriminazione e rendere la legge più giusta, il giudice ha deciso di interpretarla in un modo nuovo, che tenga conto dei principi della Costituzione. Ha stabilito che il requisito del permesso di soggiorno di almeno un anno si considera soddisfatto anche se si sommano i periodi di tutti i permessi di soggiorno validi che lo straniero ha avuto in Italia, purché il totale superi i dodici mesi. Questa interpretazione serve a distinguere chi è qui solo “di passaggio” da chi ha un legame stabile e duraturo con il nostro Paese.

Nel caso del cittadino straniero che ha fatto ricorso al Tribunale di Civitavecchia, è risultato che, oltre al permesso di sei mesi che aveva al momento della domanda, aveva già avuto in precedenza permessi di soggiorno per lavoro per molti anni (dal 2003 al 2006).

Vittoria per il ricorrente e principi riconfermati

Grazie a questa interpretazione, il Tribunale ha dichiarato che il rifiuto dell’INPS era sbagliato. Riconoscendo che l’INPS non aveva interpretato la legge in modo “costituzionalmente orientato”, ha generato una discriminazione. Di conseguenza, il Tribunale ha dato ragione al cittadino straniero, dichiarando il suo diritto a ricevere la prestazione di invalidità e condannando l’INPS a pagargli tutte le somme dovute a partire dal mese successivo alla sua richiesta, più interessi e rivalutazione.

Questa sentenza è un passo molto importante per i diritti dei cittadini stranieri in Italia. Riafferma il principio di uguaglianza e non discriminazione nell’accesso agli aiuti sociali, purché ci sia una presenza legale e stabile nel Paese.

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