Ruoli, normative e giurisprudenza sull’insegnante di sostegno e il Piano Educativo Individualizzato secondo il modello ICF
L’integrazione scolastica dei disabili si realizza tramite l’insegnante di sostegno e il Piano Educativo Individualizzato (PEI), elaborato in base al Profilo di Funzionamento (PF) secondo il modello ICF dell’OMS. Il PEI definisce il diritto al sostegno, la cui violazione può essere contestata.
Recenti decreti hanno disciplinato l’assegnazione del sostegno e il modello PEI, con chiarimenti giurisprudenziali sulla competenza del giudice ordinario (per la mancata attuazione del PEI già adottato) e amministrativo (per la contestazione delle modalità scelte dalla scuola con cui verrà svolto il sostegno didattico, prima dell’approvazione del PEI). La mancata erogazione del sostegno previsto nel PEI può configurare una discriminazione, tutelabile anche con la previsione di un risarcimento danni.
Un po’ di storia…
Nell’epoca precedente all’avvento della Costituzione, l’ordinamento scolastico italiano si basava sul principio di separazione degli alunni diversamente abili dagli altri, attuato con l’istituzione delle “scuole speciali” e delle “classi differenziali”.
Tale sistema fu mantenuto anche successivamente all’entrata in vigore della Costituzione grazie a una serie di leggi che lo recepirono.
Ciò rischiava, però, di confinare i soggetti disabili in una sorta di “classi ghetto” che non facevano che aumentare l’emarginazione e l’esclusione dalla società.
Di contro, proprio perché disabili e in posizione di svantaggio fisico e psichico, avrebbero, invece, necessitato di una rete di supporto tesa a non confinarli in aree separate, ma ad inserirli in maniera stabile e con adeguati ausili nell’ambito scolastico.
La logica della separazione è stata, poi, parzialmente superata con la legge n. 118 del 1971 che assicurava agli invalidi civili frequentanti la scuola dell’obbligo il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola, l’eliminazione delle barriere architettoniche che impediscono l’accesso alla scuola, e l’assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi.
Inoltre, l’istruzione dell’obbligo doveva avvenire nelle classi normali della scuola pubblica.
Ma non si è trattato di un superamento completo del sistema, poiché le classi differenziali sono state mantenute nei casi di inserimento difficoltoso.
Perciò, negli anni Settanta il legislatore stabilì il principio dell’inserimento dei disabili nelle classi normali della scuola dell’obbligo, dando il via alla ratifica di una serie di leggi che avviarono concretamente l’integrazione dei disabili istituendo la figura dell’insegnante di sostegno che, per la sua specificità, aveva la funzione di assistere e guidare gli alunni disabili nell’apprendimento.
Successivamente, con la sentenza n. 215 del 1987 della Corte Costituzionale, tutte le misure adottate per superare lo svantaggio sociale dei soggetti disabili, fino a quel momento valide per la sola scuola dell’obbligo, furono estese e rese obbligatorie in tutti i gradi dell’istruzione, fino all’università.
La suddetta sentenza costituzionale ha posto le basi per l’approvazione della Legge 104 del 1992 che attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione e all’istruzione a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’università in attuazione del principio secondo cui “la partecipazione del disabile al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce, infatti, un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato”.
Infatti, l’art. 12 della L. 104 /92 stabilisce che, a seguito dell’accertamento sanitario, debba essere elaborato un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione del piano educativo individualizzato (PEI), alla cui definizione devono concorrere gli operatori delle unità sanitarie locali, il personale insegnante specializzato della scuola e l’insegnante operatore psico-pedagogico individuato, con la collaborazione dei genitori.
In base alla tipologia dell’handicap risultante dalla diagnosi della commissione medica e dal profilo dinamico-funzionale, verrà stabilito il numero di ore di sostegno spettanti al soggetto disabile.
Il Piano Educativo Individuale e la figura dell’insegnante di sostegno
Tra le varie misure previste dal legislatore volte all’integrazione dei disabili all’interno della scuola vi è la figura dell’insegnante di sostegno chiamato, appunto, a adempiere alle ineliminabili forme di integrazione e sostegno a favore degli alunni diversamente abili.
La concreta attuazione dei principi di integrazione e sostegno ai disabili è assicurata in via principale dal comma 5 dell’art. 12 della legge 104/1992, il quale è stato modificato dal d.lgs. 66/2017 stabilendo che, a decorrere dal 1° settembre del 2019, successivamente all’accertamento delle condizioni di disabilità degli studenti portatori di handicap, oggi disabilità, è redatto un profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) adottata dall’OMS ai fini della formulazione del progetto individuale, nonché per la predisposizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI).
Il decreto interministeriale n. 182 del 29 dicembre del 2020 disciplina l’assegnazione delle misure di sostegno ed il modello PEI da adottare da parte delle istituzioni scolastiche e mira ad uniformare a livello nazionale le modalità di redazione dei PEI.
La giurisprudenza ha chiarito che l’individuazione delle prestazioni assistenziali formalizzata nel PEI costituisce un diritto soggettivo che fa capo al disabile il quale, quindi, può pretendere che l’amministrazione scolastica eroghi nei suoi confronti esattamente quanto previsto in detto documento (TAR Campania n. 1271 del 2020; TAR Lombardia n. 431 del 2021).
Il decreto interministeriale n. 182 del 2020 è stato oggetto di ricorso al TAR Lazio e fu dapprima annullato e successivamente dichiarato legittimo dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3196 del 2022 che ha delineato chiaramente il suo ruolo e la sua validità nel contesto normativo, suggerendo che il Ministero apportasse modifiche al decreto interministeriale per risolvere eventuali punti controversi che avrebbero potuto dar luogo a contenziosi.
Infatti, in attuazione di ciò, con il decreto interministeriale n. 153 del 2023 “Disposizioni correttive al decreto interministeriale n. 182 del 2020” (Allegato) sono stati individuati i modelli di PEI vigenti e sono state date indicazioni per la gestione della fase transitoria, laddove non sia stato ancora redatto il Profilo di funzionamento.
Pertanto, nelle more dell’adozione del Profilo di funzionamento, del completo adeguamento del SSN alle disposizioni del d.lgs. n. 62 del 2024, delle Linee Guida per la redazione della certificazione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, le istituzioni scolastiche provvederanno a redigere entro il 30 giugno di ogni anno i PEI tenendo conto delle diagnosi funzionali, allo scopo di definire le proposte di sostegno didattico relative all’anno scolastico successivo.
Controversie sul mancato riconoscimento delle ore di sostegno scolastico
Contro il mancato riconoscimento del diritto al sostegno scolastico è possibile fare ricorso radicando la controversia ora davanti al giudice ordinario, ora a quello amministrativo, a seconda della doglianza formulata nei confronti dell’amministrazione scolastica.
A tal proposito la Cassazione con sentenza n. 5060 del 2017 ha statuito che le controversie concernenti la declaratoria delle modalità e della consistenza dell’insegnamento di sostegno e che, quindi, afferiscono alla fase precedente la redazione del PEI, sono devolute al giudice amministrativo ex art. 133 c.p.a., atteso che, in tale fase, sussiste ancora, in capo all’amministrazione scolastica, il potere discrezionale di individuazione della misura più adeguata al sostegno, il cui esercizio è, invece, precluso dalla successiva formalizzazione del PEI che determina il sorgere dell’obbligo dell’amministrazione di garantire il supporto per il numero di ore programmato e il diritto dell’alunno disabile all’istruzione così come pianificata.
Infatti, nel caso in cui si voglia contestare il numero di ore di sostegno scolastico stabilito al fine di aumentarle, si fa ricorso al giudice amministrativo poiché si mette in discussione la correttezza dell’esercizio del potere amministrativo in capo alla scuola.
Viceversa, la giurisdizione spetta al giudice ordinario qualora, una volta approvato il PEI, si contesti una condotta dell’amministrazione che non appresti il sostegno così come pianificato, con la conseguente contrazione del diritto soggettivo del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico. In questa fase, infatti, l’amministrazione scolastico non ha alcun potere discrezionale nell’applicazione del PEI.
Infatti, secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. 2023 del 2017 “quando il dirigente scolastico abbia attribuito le ore di sostegno, ma in concreto tali ore non siano assegnate e, quindi, non se ne possa fruire, sussiste la giurisdizione del giudice civile quando l’interessato espressamente lamenti innanzi a tale giudice che l’amministrazione scolastica abbia posto in essere un comportamento discriminatorio a proprio danno”.
Discriminazione del disabile a seguito del mancato riconoscimento delle ore di sostegno
Il diritto all’istruzione dei disabili è ascritto alla categoria dei diritti fondamentali, la cui tutela passa attraverso l’attivarsi della pubblica amministrazione per il suo riconoscimento e la sua garanzia, mediante le misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile ai disabili la frequenza delle scuole.
Il PEI obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò vale anche per la scuola dell’infanzia.
Dunque, la condotta dell’amministrazione scolastica che non appresti il sostegno pianificato si risolve in una contrazione del diritto del disabile alle pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell’offerta formativa per gli alunni normodotati, dà vita a una forma di discriminazione indiretta, perché mette il bambino in una posizione di svantaggio rispetto agli altri.
Il giudice ordinario che accoglie il ricorso contro i comportamenti discriminatori dell’amministrazione scolastica provvede ad ordinare la cessazione di dette condotte da parte della scuola, a adottare qualsiasi altro provvedimento idoneo alla rimozione degli effetti della discriminazione, e a stabilire un risarcimento danni in favore del disabile patrimoniale ed esistenziale.