Vaccinazioni obbligatorie e danni irreversibili. Quali tutele?

Facebook
X
Print
Vaccinazioni obbligatorie e danni irreversibili. Quali tutele?

Indennizzi statali per chi subisce danni da vaccinazioni obbligatorie o raccomandate: una guida chiara ai diritti di chi, per la salute di tutti, affronta conseguenze permanenti

In Italia, il dibattito sui vaccini è spesso polarizzato tra i sostenitori della loro fondamentale importanza per la salute pubblica e coloro che esprimono preoccupazioni riguardo ai potenziali effetti avversi. Sebbene gli eventi avversi gravi a seguito di vaccinazione siano statisticamente rari, essi possono verificarsi, lasciando le persone colpite e le loro famiglie a fronteggiare sfide significative. In questo contesto, lo Stato italiano ha previsto un sistema di indennizzo a favore di coloro che abbiano subito danni permanenti a causa di vaccinazioni obbligatorie o raccomandate, riconoscendo così la potenziale esistenza di un nesso causale tra la pratica vaccinale e specifiche patologie.

La L. n. 210 del 25 febbraio del 1992 ha introdotto un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile che hanno avuto come causa le vaccinazioni obbligatorie (per legge o per ordinanza) o trasfusioni che hanno dato vita a lesioni o ad infermità da cui sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica.

Inoltre, la legge ha previsto l’indennizzo per altri casi specifici come:

  1. le persone che sono state contagiate da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue, nonché agli operatori sanitari che, in occasione del servizio, abbiano riportato danni permanenti da infezione contratta a seguito di contatto con sangue infetto;
  2. coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti SARS-CoV-2 raccomandata dall’autorità sanitaria italiana;
  3. coloro che a seguito di trasfusioni, abbiano subìto danni irreversibili da epatiti;
  4. le persone non vaccinate che abbiano riportato menomazioni permanenti della integrità psico-fisica, in conseguenza di contatto con persone vaccinate;
  5. le persone che, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno Stato estero, si siano sottoposte a vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, risultino necessarie;
  6. soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie.

A seguito di alcune pronunce della Corte Costituzionale, è stato ulteriormente ampliato il campo di applicazione dell’indennizzo:

  • a coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica nel periodo di vigenza della legge n. 695 del 1959 che, pur non rendendola obbligatoria, dettava norme per incentivarne la pratica;
  • a coloro che abbiano riportato danni dalla vaccinazione anti epatite B a partire dal 1983;
  • agli operatori sanitari che, a causa del loro lavoro, abbiano riportato danni permanenti a causa di infezione contratta a seguito di contatto con sangue di soggetti affetti da epatiti;
  • a coloro che siano stati danneggiati dalla vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia;
  • a coloro che siano stati danneggiati dalla vaccinazione contro il papillomavirus;
  • a coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antinfluenzale;
  • a coloro che abbiano riportato danni dalla vaccinazione contro il virus dell’epatite A.

L’idea che ha ispirato la decisione della Corte Costituzionale di estendere l’indennizzo ai vari casi di danni da vaccinazioni, come elencati sopra, è quella di attribuire a detto riconoscimento economico una funzione di tipo compensativo, poiché volto a garantire il sacrificio individuale del singolo finalizzato a un vantaggio collettivo diretto alla protezione della salute pubblica.

Misure economiche

L’indennizzo consiste in un assegno reversibile per 15 anni determinato nella Tabella B della L. 177 del 1976, cumulabile con ogni altro emolumento percepito.

Qualora dalla vaccinazione sia derivata la morte, gli eredi possono optare fra l’assegno reversibile e un assegno una tantum.

L’ assegno una tantum va scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno parentale, per cui, se la persona contagiata, prima di morire, abbia ottenuto il riconoscimento dell’indennizzo, l’assegno una tantum spetterà comunque agli eredi.

Ai soggetti danneggiati che contraggono più malattie da cui siano scaturiti esiti lesivi distinti è riconosciuto, altresì, un indennizzo aggiuntivo fino al 50% di quello previsto dalla Tabella B.

È, altresì, previsto per i soggetti danneggiati dalle vaccinazioni obbligatorie, oltre all’indennizzo ex art. 1 della L. n. 210 del 1992, un assegno mensile vitalizio determinato in base alla corrispondenza tra la menomazione e una delle categorie elencate nella Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978:

  • pari a 6 volte la somma percepita dal danneggiato ai sensi dell’art. 2 della L. 2010/1992 per le categorie dalla prima alla quarta (1°-4°);
  • parti a 5 volte per le categorie 5° e 6°;
  • pari a 4 volte per le categorie 7° e 8°.

Termini e modalità per la presentazione dell’istanza

I soggetti interessati ad ottenere l’indennizzo possono presentare domanda amministrativa all’ASL di appartenenza entro il termine perentorio di

  • 3 anni nel caso di danni causati dalle vaccinazioni o dalle epatiti post trasfusionali, decorrenti dal momento in cui il soggetto abbia avuto conoscenza del fatto lesivo o della correlazione tra la menomazione e l’intervento terapeutico praticato (Cass. N. 25265/2015;
  • 10 anni nei casi di infezioni da HIV.

La domanda amministrativa va corredata da tutta la documentazione comprovante date e modalità di somministrazione del tipo di terapia che ha causato il danno, e che descriva le manifestazioni cliniche della malattia e la data di insorgenza.

La commissione medica redigerà un verbale degli accertamenti eseguiti, formulando un giudizio diagnostico sulle infermità e sulle lesioni riscontrate esprimendo, perciò, un parere sul nesso causale tra la malattia e la vaccinazione o la trasfusione, o il contatto col sangue durante l’attività di servizio.

Un passo importante negli ultimi anni è stato fatto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 19129 del 2023, ha riconosciuto al verbale della commissione medica, nel giudizio per il risarcimento danni ex art. 2043, valore di indizio per il riconoscimento del nesso causale tra la trasfusione e la patologia insorta.

Infine, è possibile impugnare il verbale della commissione medica con ricorso innanzi al Ministero della Sanità, il quale deciderà entro 30 giorni.

È, in ogni caso, facoltà del danneggiato presentare ricorso giudiziale entro 1 anno dalla comunicazione della decisione del Ministero o, in difetto, dalla scadenza dei 30 giorni.

Facebook
X
Print

Disclaimer: Le immagini presenti in questo articolo sono utilizzate esclusivamente a scopo decorativo e non hanno alcun collegamento diretto con il contenuto trattato. Ogni riferimento visivo è puramente casuale.