Cos’è l’asbestosi e come viene diagnosticata?
L’asbestosi, una pneumopatia interstiziale diffusa, è una conseguenza diretta dell’esposizione prolungata a fibre di asbesto. La patogenesi è caratterizzata da una risposta infiammatoria cronica con complicazioni cardiache e può evolvere in tumore polmonare o mesotelioma pleurico.
La progressiva compromissione degli scambi gassosi si manifesta clinicamente con dispnea, tosse secca e affaticamento.
Anche se l’uso dell’amianto è stato vietato con la legge 257 del 1992, l’asbestosi può ancora colpire persone che sono state esposte a questo materiale in passato. La malattia si sviluppa lentamente e può passare molto tempo prima che i sintomi si manifestino, poiché le malattie correlate all’amianto possono avere un processo di sviluppo anche molto ampio, e presentarsi dai 25 anni dopo l’esposizione fino ad arrivare anche ai 50 anni.
La diagnosi viene fatta attraverso esami come la spirometria, la radiografia toracica e la TAC.
Categorie di lavoratori a rischio
La maggiore incidenza di casi di asbestosi polmonare si riscontra nelle seguenti attività produttive:
- Estrazione mineraria: in particolare, l’estrazione della fibra di amianto grezzo dalle cave.
- Produzione di materiali edili: utilizzo dell’amianto per la produzione di isolanti termici ed elettrici, e impiego in edilizia in generale.
- Industria meccanica: produzione di caldaie, scaldabagni e componenti per freni a disco.
- Tessile: tessitura di fibre di amianto per la produzione di tute e guanti protettivi utilizzati in settori come l’antincendio (vigili del fuoco) e l’aviazione (piloti).
- Cantieristica navale: lavorazioni in cantieri navali.
- Trasporti: settore ferroviario, con l’utilizzo dell’amianto come isolante nelle carrozze dei treni.
- Industria chimica: utilizzo dell’amianto in diversi processi industriali.
- Forze armate e Comparto sicurezza: esposizione all’amianto in diverse specialità, con particolare riferimento a coloro che hanno svolto servizio nella Marina Militare (motoristi navali e sommergibilisti) e nell’Aeronautica Militare.
Tutela legale
Il presupposto fondamentale per l’ottenimento del riconoscimento è la dimostrazione inequivocabile della presenza di amianto negli ambienti lavorativi in cui il lavoratore è stato esposto.
I lavoratori colpiti da asbestosi, in qualità di lavoratori dipendenti, hanno diritto al riconoscimento della malattia professionale da parte dell’INAIL, essendo l’asbestosi inserita nella Lista I delle malattie professionali
Invece, possono richiedere il riconoscimento dello status di vittime del dovere ex L. n. 266 del 2005 i soggetti di cui all’art. 3 della L. 13 agosto 1980, n. 466, cioè magistrati ordinari, militari dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia, il personale del Corpo forestale dello Stato, i funzionari di pubblica sicurezza, il personale del Corpo di polizia femminile, il personale civile della Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, i vigili del fuoco, gli appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso e, in genere, gli altri dipendenti pubblici di cui all’art. 1 co. 563 della L. 266 del 2005 deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente, o alle quali è conseguito il decesso, in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
- nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
- nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
- nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
- in operazioni di soccorso;
- in attività di tutela della pubblica incolumità;
- a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.
É dunque essenziale – per la vittima del dovere che abbia contratto un’infermità in qualunque tipo di servizio, non essendo sufficiente la semplice dipendenza da causa di servizio – che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di “particolari condizioni”, nel senso che rilevano “condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.
Ciò ammette a questa particolare tutela legale anche altri soggetti la cui invalidità è stata conseguenza di altri tipi di eventi, al di fuori di quelli appena elencati, avvenuti in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative, come sancito dall’art. 1, co. 564 della L. 266 del 2005 e art. 5 L. 206/2004)
I superstiti, in luogo della speciale elargizione, possono optare per l’assegno vitalizio ex art. 5 della L. 302 del 1990 che è pari a:
- € 309,87 mensili, se i destinatari sono in numero non superiore a tre;
- € 193,67 mensili, se i destinatari sono quattro o cinque;
- € 154,94 mensili, se i destinatari sono in numero superiore a cinque.
Inoltre, nel caso in cui la lesione permanente sia pari almeno al 25%, ai superstiti o alle vittime superstiti sono concessi:
- L’assegno mensile vitalizio (oggi, dello stesso ammontare dovuto alle vittime di terrorismo) pari a € 500;
- Lo speciale assegno vitalizio pari a € 1.033.
La valutazione percentuale di invalidità a carico del danneggiato viene determinata in base ai criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e del danno biologico e morale indicati dal D.P.R. n. 181 del 2009.
Competente alla trattazione delle pratiche di tutte le forze di Polizia, Carabinieri, Giardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Corpo di Polizia Penitenziaria, Agenti di Polizia Municipale è il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno che, in base alla recente circolare n. 6519 del 26 febbraio 2024, riceverà le istanze corredate dalla necessaria documentazione, a partire dal 1° marzo 2024, tramite una piattaforma informatica all’indirizzo www.vittimedeldoveredipartimentops.interno.gov.it a cui si accede mediante Spid, e da cui si potrà monitorare lo stato di avanzamento della pratica.
Per gli appartenenti alle Forze Armate è competente il Ministero della Difesa che rende reperibile la modulistica necessaria nel sito internet mette a disposizione tutta la modulistica necessaria al seguente link https://www.difesa.it/sgd-dna/staff/dg/previmil/modulistica/29217.html.
Per i Vigili del Fuoco è competente, invece, il Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa Civile; il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, per i magistrati; il ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per i dipendenti civili dell’amministrazione penitenziaria.
Infine, competente a conoscere delle cause relative alle vittime del dovere è il Giudice del Lavoro.
L’amianto e le Forze Armate – causa di servizio
L’utilizzo diffuso dell’amianto nelle unità navali, negli aeromobili e in altri settori militari ha esposto il personale delle Forze Armate a un rischio elevato di malattie correlate all’asbesto.
Il riconoscimento della causa di servizio (prevista solo per il personale delle Forze Armate, dell’Arma dei Carabinieri, delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare, e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), ovvero il collegamento tra la malattia e l’esposizione professionale all’amianto, è il primo passo per accedere a una serie di tutele previste dalla legge.
In particolare, i militari hanno diritto all’equo indennizzo, alla pensione privilegiata, allo status di vittime del dovere e al risarcimento dei danni, compresi quelli non patrimoniali, come la sofferenza fisica e morale.
È importante sottolineare che questi diritti non sono soggetti a prescrizione, garantendo così una tutela a lungo termine per i militari e le loro famiglie.
L’amianto e gli altri lavoratori – malattia professionale
Tutti gli altri lavoratori esposti ad amianto, sia nel settore pubblico che in quello privato, hanno la possibilità di richiedere il riconoscimento della malattia professionale all’INAIL. Una volta presentata la denuncia, l’ente assicurativo avvia un’indagine approfondita.
È fondamentale dimostrare l’esposizione all’amianto. Fortunatamente, per alcune patologie specifiche, come l’asbestosi, l’onere della prova è invertito: è l’INAIL che deve dimostrare che la malattia non sia dovuta all’esposizione lavorativa. Questo significa che basta provare la presenza dell’amianto nell’ambiente di lavoro e l’esposizione, anche indiretta, per ottenere il riconoscimento.
Questa semplificazione vale non solo per l’asbestosi polmonare, ma anche per altre patologie correlate all’amianto elencate nella Lista I – malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità dell’INAIL, come le placche pleuriche, il mesotelioma in diverse sedi (pleurico, pericardico, peritoneale, della tunica vaginale del testicolo), il tumore al polmone, il tumore della laringe e il tumore dell’ovaio.
In questi casi, è sufficiente dimostrare un nesso di causalità tra la malattia e l’esposizione all’amianto, anche se questa non è l’unica causa. L’INAIL dovrà quindi provare che la malattia si è sviluppata esclusivamente per cause esterne al lavoro, un compito tutt’altro che semplice.
Oltre alle malattie per cui è immediatamente riconosciuta un’origine professionale, esistono patologie per le quali non si può dare per scontato questo legame con l’attività lavorativa. Queste malattie, che non godono della cosiddetta ‘presunzione legale d’origine’, sono elencate in specifiche liste.
Ad esempio, nella Lista II – Malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità, troviamo tumori che colpiscono zone come la faringe, lo stomaco e il colon-retto. Questo significa che se un lavoratore si ammala di uno di questi tumori, non è automatico pensare che la malattia sia stata causata dal suo lavoro.
Lo stesso vale per la Lista III – Malattie la cui origine lavorativa é possibile dell’INAIL, dove è incluso solo il tumore all’esofago. Anche in questo caso, il lavoratore dovrà fornire prove concrete per dimostrare che la sua malattia è collegata all’attività lavorativa svolta.