Assunzione di lavoratori disabili: la Cassazione apre alla tutela rafforzata

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Invalido civile escluso dall'avviamento al lavoro perché inidoneo alle mansioni

La Corte di Cassazione ribalta la decisione d’appello, affermando il diritto all’assunzione di un invalido civile, nonostante una perizia medica contraria, sottolineando l’obbligo di adattamenti ragionevoli sul posto di lavoro.

Un lavoratore invalido civile, iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio, ha visto respinta la sua richiesta di assunzione come operatore socio-sanitario, a conclusione del periodo di prova. Nonostante una precedente valutazione di idoneità, una nuova perizia medica lo ha dichiarato inadatto alle mansioni.

L’uomo ha quindi intrapreso una battaglia legale, sostenendo l’illegittimità della sua esclusione e chiedendo di essere assunto a tempo indeterminato.

Un primo successo è arrivato in Tribunale, che ha condannato l’Azienda Sanitaria a risarcirlo per i danni subiti. Tuttavia, la Corte d’Appello ha rigettato il suo appello per ottenere l’immediata costituzione del rapporto di lavoro.

I giudici hanno infatti sottolineato che, pur essendo obbligatoria l’assunzione per legge, è necessario un accordo tra le parti per definire i dettagli del contratto, soprattutto in casi come questo, dove una perizia medica ha evidenziato limitazioni fisiche.

La vicenda solleva ancora una volta il tema dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e pone l’accento sulla complessità delle procedure di assunzione nel pubblico impiego.

Nello specifico, il lavoratore contestava la sentenza per due ragioni:

  • La Corte di merito, in contrasto con la consulenza tecnica d’ufficio che attestava l’idoneità del ricorrente, pur con specifiche prescrizioni, allo svolgimento delle mansioni di operatore sociosanitario, ha erroneamente escluso la possibilità di costituire il rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c. Tale conclusione, in presenza di una corrispondenza tra la qualifica posseduta e quella richiesta, si pone in contrasto con i principi di tutela dei lavoratori disabili e di parità di trattamento, consacrati dalla normativa nazionale e comunitaria, nonché con la giurisprudenza di legittimità che attribuisce rilievo fondamentale all’idoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni.
  • Inoltre, Il comportamento omissivo dell’ASP, nel rifiutare di instaurare il rapporto di lavoro, nonostante la sussistenza di tutti i presupposti contrattuali, si configura come una discriminazione indiretta nei confronti del lavoratore disabile. Tale condotta, infatti, pone il lavoratore in una situazione di svantaggio rispetto ai colleghi non disabili, in violazione del principio di parità di trattamento sancito dall’art. 5 della direttiva 2000/78/CE e dall’art. 3 del d.lgs. n. 216/2003.”

La Corte di Cassazione Sez. Lav., con sentenza n. 5048 del 26 febbraio 2024 ha cassato la decisione del giudice di merito che, pur richiamando correttamente la giurisprudenza di legittimità, ne ha erroneamente applicato i principi.

La Corte d’Appello ha, infatti, escluso la possibilità di costituire il rapporto di lavoro, motivando la sua decisione sulla necessità di una precisa determinazione delle mansioni da parte delle parti.

Tuttavia, tale esigenza è già soddisfatta nel caso specifico dalla contrattazione collettiva del comparto sanitario, che definisce in modo dettagliato il profilo professionale dell’operatore socio-sanitario. Pertanto, non sussisterebbero gli ostacoli giuridici che, secondo la Corte, impedirebbero l’emissione di una sentenza costitutiva del rapporto di lavoro.

D’altro canto, le prescrizioni indicate nella consulenza tecnica, lungi dal costituire un impedimento assoluto all’instaurazione del rapporto di lavoro, si limitavano a suggerire alcuni adattamenti organizzativi, finalizzati a garantire la sicurezza del lavoratore che il datore di lavoro pubblico è tenuto ad attuare a favore dei lavoratori disabili, come previsto dalla normativa vigente.

Invero, ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE, rubricato “soluzioni ragionevoli per disabili”, i datori di lavoro sono tenuti ad adottare misure ragionevoli per consentire ai lavoratori disabili di accedere al lavoro e di svolgere le proprie mansioni.

È possibile, perciò, concludere affermando il seguente principio di diritto: in materia di rapporti di pubblico impiego privatizzati, caratterizzati dalla predeterminazione di tutti gli elementi essenziali del contratto, quali la qualifica, le mansioni, il trattamento economico e normativo e il periodo di prova, ad opera delle disposizioni legislative e contrattuali collettive, non sussistono ostacoli all’assunzione invocata dal lavoratore disabile iscritto nelle liste di avviamento obbligatorio e risultato idoneo al collocamento.

Occorre soltanto verificare, con accertamento di fatto rimesso al giudice del merito, che siano praticabili misure di adattamento ragionevoli, nel rispetto dei principi stabiliti dalla direttiva 2000/78/CE, per rendere concretamente compatibile l’ambiente di lavoro con le limitazioni funzionali del lavoratore.

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